Si è di fronte al vuoto, e tutt’a un tratto bisogna buttarsi. Tutt’a un
tratto bisogna rifiutare di rinunciare. E poi… poi bisogna lanciarsi. Ho
fatto tredici lanci e tredici volte mi sono lanciato. Tredici volte ho
avuto voglia di rinunciare, ho avuto voglia di dirmi: «Bene, non fa
niente, dopotutto, se adesso rifiuto, tanto ho il brevetto, non ha
nessuna importanza, posso farmi vedere fifone». Non era esattamente
questo… Credo che, se una sola volta ho avuto l’intuizione, ho avuto la
sensazione di essere… diciamo: coraggioso – ma non nel senso banale, nel
senso in cui si intende, nel senso del superamento continuo… era di
fare questo atto assolutamente gratuito, di buttarsi nel vuoto da
quattrocento metri. Ebbene, bisognava nonostante tutto lanciarsi, perché se non lo avessi
fatto, non credo che potrei essere qui stasera. Bisognava ad ogni costo
che mi lanciassi nel vuoto, e che ad ogni costo accettassi quella
difficoltà che adesso paragono alle difficoltà dei giorni a venire, che
paragono alla situazione… forse perchè sono un intellettuale, perché
sono portato a fare paragoni sempre un po’ particolari… Bisognava
assolutamente lanciarsi. Non era possibile fare altrimenti. Era
necessario saltare, necessario buttarsi per essere convinti che tutto
ciò forse poteva avere un senso, poteva avere ripercussioni che perfino
noi stessi ignoravamo. Su un piano del tutto individuale, per me, ciò ha
avuto risonanze assolutamente incontestabili.
Georges Perec
Nessun commento:
Posta un commento
Commenta!