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venerdì 15 luglio 2011

Sto diventando mia madre? (Post interrogativo)

Quand'è che ci si accorge di essere diventati come i propri genitori?
Mi ha colpito questo pensiero perchè stavo riflettendo su come le dinamiche che affronto nella mia testa, i problemi che ho, le sfumature di carattere, le paure inconsce che mi si insinuano nel cervello possano essere magicamente rincondotte a un'unica colpevole: mia madre.
Sì, direte che ho scoperto l'acqua calda.
Ma ci ho riflettuto a fondo e mi domando: al di là della inevitabile predisposizione genetica ereditaria a certi tipi di psicosi o di preferenze di stili di vita, quanta parte del patrimonio di problemi mentali dei nostri genitori possiamo evitare di ereditare?
In quanta parte questo complicato processo di depurazione dai difetti di chi ci circonda dipende dalla nostra volontà? E la nostra volontà non è anch'essa frutto di ciò che ci è stato insegnato, del modo in cui siamo cresciuti e in cui siamo stati educati? Chi di noi non ha dentro di sè un ricordo traumatico, forse dimenticato, che ha segnato per sempre la sua sensibilità nei confronti delle situazioni che gli si presentano adesso, anche se siamo grandi e grossi e si presume che sappiamo badare a noi stessi? Sarà colpa di genitori troppo apprensivi? Sarà colpa della società del terrorismo psicologico (che diventa psicosomatico)? Sarà colpa della mancazza di certezze dell'essere umano?
Mi ci sto ingarbugliando, sul serio. Per ora non vedo vie d'uscita da questo tunnel di supposizioni e teorie.
Credo che sia vero che siamo il risultato di ciò che ci è stato dato e insegnato (nel bene e nel male) ma credo che il passaggio veramente difficile sia quando ci rendiamo conto di avere finalmente del potenziale autonomo da sviluppare. Ad esempio io so che ho la potenzialità di respingere e combattere i miei problemi di "distacco" e le mie reazioni di panico verso esperienze nuove e mai provate, ma come si fa a far prevalere questa sorta di autostima sulla paura? Come si fa a far sì che la paura di affrontare se stessi e uscirne sconfitti non ci impedisca di lottare? L'irrazionalità è spesso più forte della razionalità.
Aver paura di se stessi è più difficile che aver paura degli altri. Quando sai di poter stare bene da solo, in pace con te stesso, hai davvero in mano la tua vita. Quando non sei sicuro di farcela, invece, come fai? Come fai a staccarti dal nido e provare a costruirtene uno? Come si fa, in sostanza, a fregarsene delle paure e buttarsi nelle cose?
Sto diventando mia madre? In definitiva no. Sto diventando "peggio" di mia madre, perchè non riesco nemmeno a pensare lontanamente di fare i passi che ha fatto lei (vivere in un'altra città, vivere da sola, fare vacanze da sola), figuriamoci fare meglio di lei.
Quand'è che l'essere umano si è attaccato così tanto alla quotidianità, alla sicurezza delle quattro mura, alla dipendenza dalla farmacia più vicina e al telefono sempre in tasca? Mi sembra di essere divisa in due: una parte di me sa che questa non è vita (e che solo pochi riescono a viverla davvero, la vita; quei pochi che hanno due palle così e se ne fregano di tutto), e l'altra parte di me si attacca con tutte le sue forze a questa "sotto-vita" perchè è la cosa che conosce meglio, che ha sempre conosciuto e dalla quale non se la sente di staccarsi. Rischi troppo grandi. Ma alla fine quali rischi??
Se la vita, questa vita, l'hic et nunc, è davvero tutto quello che abbiamo, vale la pena precludersi esperienze potenzialmente positive per la paura che invece si rivelino negative? Quale sarà il prezzo della tranquillità?

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