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sabato 18 febbraio 2012

La Domanda

Ho scritto questa cosa perchè me lo ha chiesto un amico. Lui capisce, gli altri non so.

Ci sono due ragazzi in un paese piccolo, Isabella e Milo. Si suppone che si amino, o che si siano amati, ma innanzitutto sono amici da tanto di quel tempo che sono divenuti l'uno un prolungamento dell'altro.
Per una ragione non spiegata, non si vedranno mai più. Ma proprio mai.
Questo è il loro ultimo incontro.


Isabella guardava il sole morire dietro la collina, e il castello tingersi di rosso. Anche il suo cuore moriva in quel sole, poiché sapeva di non poter sopportare ciò che stava per accadere.
La separazione.
Il futuro è appeso sulle nostre teste, si muove in armonia con gli eventi, ondeggia come i fili di un teatrino di marionette lasciate a marcire nel magazzino del circo – del mondo.
E il suo burattinaio incosciente l'aveva portata lì davanti, davanti a quella casa che conosceva bene, troppo bene, per un'ultima decisiva volta.
Aveva preso la bici, aveva risalito il viale dei platani, aveva svoltato a sinistra al bar del paese, e aveva pedalato col cuore che batteva all'impazzata e le lacrime che non uscivano dagli occhi per il troppo vento, perché mancava il fiato, e rimanevano brucianti nei polmoni. Alle pendici della salita del campo sportivo Isabella era scesa dalla bici, indecisa.
Aveva pensato che forse era meglio tornare indietro, che forse era meglio evitare quell'ultimo incontro, che forse avrebbe fatto meglio a buttare la bici nel fiume per dimenticare quella estenuante pedalata depressa inutile e dolorosa, e tornare a casa a piedi per sfogare l'angoscia, e sperare che chiudersi la porta di casa alle spalle sarebbe bastato per aprire un nuovo capitolo.
Mamma ho perso la bici. Sono scesa un attimo per prendere un tè freddo e subito dopo la bici era sul fondo del fiume, e io ho riso perchè i lucci si sono affacciati dal cestino. A volte gli oggetti hanno vita propria, pensa, ha ha.
Ma poi Isabella aveva pensato a Milo, e si era detta che forse si meritavano entrambi una risposta.
Milo e quei suoi dannati occhi profondi, occhi grandi da bambino.
Così Isabella scuote il capo e cammina su per la salita, guarda il campo sportivo e scaccia un ricordo. Arriva al cancellino verde di quella casa grande, accogliente, con le viti nel giardino e i gatti e l'amaca e la montagna alle spalle, e il sole rosso che si nasconde, come se avesse paura di farle male.
Isabella sa che è già tardi ma non entra, non fa un passo, non suona il campanello.
Indietreggia, si siede al bordo della strada sterrata che porta al fiume, incrocia le gambe, aspetta la notte.
E la signora di velluto arriva, l'abbraccia, rinfresca l'arsura di agosto e allevia anche se di poco il peso sul petto di Isabella. Respira. Respira. Non smettere mai di respirare.
Pensa.
Cosa devi dire? Cosa vuoi sapere?
I perché si accavallano, i come sbattono tra di loro, i quando si sovrappongono, i dove si scontrano, i chi si sommano, e Isabella perde il senso del tempo, delle parole e del rimpianto.
Possibile che in fondo a un grande dolore restino solo i ricordi?
Quali ricordi?
Non smettere di respirare, Isa. Non smettere.
La fine è veramente la fine?
Cosa vuoi sapere?
Le stelle non sorridono stasera, come se si vergognassero di mostrare il loro splendore in un momento tanto difficile, tanto ingiusto, tanto inspiegabile.

Qualcosa cigola, Isabella apre gli occhi. Il cancello è aperto, due scarpe nere vengono verso di lei e lei vede solo le scarpe perchè non vuole guardare più in su della strada, non ha voglia di vedere quegli occhi sapendo che sarà l'ultima volta.
Ma poi non resiste, alza il mento e pianta gli occhi neri in quelli del suo amico, del suo amante, di suo fratello, del suo miglior nemico, e come ogni volta sente qualcosa di forte che le avvinghia l'essere, il cuore, la pancia, il respiro.
E si dimentica di respirare, non sa più come si fa a pensare.
Si ricorda di ogni istante, di ogni momento passato insieme.

“Perché sei venuta?”
“Dovevo”
“No invece.”
“Sì che dovevo. È l'ultima volta; bisogna che ci sia un'ultima volta prima di chiudere qualcosa. Un ultimo sguardo, un'ultima parola, un ultimo abbraccio. Un ultimo qualcosa.”
“Allora questa è l'ultima volta.”
“La parola “ultimo” ha perso ogni significato per me.”
Milo la guarda. Seduta lì per terra è una statua greca, con quel suo profilo dritto, quegli occhi sorridenti, quegli occhi profondi.
“Cosa vuoi che ti dica?” chiede.
“Dirmi? Non devi dirmi niente. Voglio parlare con te. Voglio dirti tutto quello che non riuscirò a dirti e sentire tutto quello che avresti dovuto rispondermi.”
“Lo sai anche tu che non si può, in una notte sola.”
Isabella si alza, prende il viso di Milo tra le mani, chiude gli occhi e respira il suo odore dolce e pungente.
“Fammi una domanda.” dice lui all'improvviso.
Isabella si stacca, lo guarda.
“Una domanda?”
“Puoi farmi solo una domanda. Chiedimi quello che vuoi, e poi non ci vedremo mai più.”
Mai più. Due sillabe, due parole, due coltellate che tagliano il respiro di Isa, di nuovo.
“Mai più.” ripete.
“Sai che deve andare così.”
“Lo so.” Isa fa qualche passo sulla strada del fiume. “Ma perché una domanda?”
“Perché altrimenti è una sofferenza inutile. Invece di passare la notte a struggerci per quello che vogliamo dirci, fammi una sola domanda. Chiedimi la cosa più importante, la cosa che serve per essere sereni e andare avanti con le nostre vite.”
“Non esiste una domanda per fare questo. Non c'è niente che possa fare questo.”
“Allora non dire niente, vattene e sii felice.”
“No! Devi permettermi di parlare.”
“Ti ascolterò solo se mi farai una domanda, una domanda sola. Mi siederò qui e aspetterò. Anche tutta la notte.”
 Milo si siede, incrocia le braccia e si tira su il colletto, è fresco fuori.
Isa lo guarda, le mancano le parole, le mancano i pensieri, e annaspa nel mare dell'abbandono.
Milo, che lei conosceva così a fondo, così bene. Milo che era nelle sue tasche come gli spiccioli che ti dimentichi nel cappotto e ti porti in giro per tutta la vita. Milo che era dentro la sua pelle, e bruciava, e la bramava come un animale che cerca la preda d'amore, e a volte forse anche una compagna per la vita.                                                                                           
Milo che non l'avrebbe vista mai più, e non per modo di dire.
Isabella lo sa che soffre anche lui, solo che tocca a lei essere forte per tutti e due, o crollerà tutto quanto.

Perché una domanda? Ce ne sono milioni che dovrei farti. Perché una domanda sola?
Parlami!
Devo chiederti se mi hai mai amato. Devo chiederti se ti sei sentito amato. Devo chiederti che progetti hai. Devo chiederti cos'hai imparato. Cos'hai capito di me? Cosa cambieresti di me? Cosa credi che debba fare io di me stessa ora, da sola, persa? Cosa farai tu? Cosa ti è rimasto di me addosso? Ti piaceva il mio odore? Ti piaceva fare l'amore? Perché deve finire così? Perché non lotti più? Perché non ti batti per me? Perché sei triste e drammatico e teatrale? Hai trovato un senso a te stesso? E a me? Qual'è il senso di tutto questo? Hai ancora paura? E io? Io le supererò mai le mie paure? Credi che la paura sia il sentimento più forte che ci guida sempre o c'è anche altro, c'è anche l'amore che a volte, solo a volte, può essere più forte di tutto il resto? E la tenerezza di quegli abbracci lunghi e stretti, quando il contatto tra i nostri corpi era quasi una fusione, quella ti mancherà? Dove andrai cosa farai con chi lo farai? Cosa ti ho dato? Cosa hai voluto darmi, tu? E perchè non potrai più darmi niente, Milo? Milo dagli occhi grandi e dal cuore confuso, perchè permettiamo che questo accada? Ti ricorderai di me e di un bacio agrodolce sotto la pioggia vicino al fiume? Hai capito cos'è che ti brucia dentro? Lo sai cos'è che ti brucia dentro? Hai guardato nel pozzo, ci hai guardato veramente? E cos'hai visto? E cosa cerchi? Lo sai almeno cosa cerchi, o chi cerchi? E non l'hai ancora trovato? E dove pensi di trovarlo? E come farai a cercarlo nel modo giusto? Perchè io non ti bastavo? Perchè tu non basti a te stesso? Credi di essere cresciuto? Credi che impareremo mai qualcosa dalla sofferenza che ci cade addosso come pioggia insistente? Ma vuoi crescere veramente? Ce l'hai, il coraggio delle tue azioni? Ce l'hai adesso il coraggio di chiedere, di pretendere, di fare, oltre che di pensare? Riuscirai mai a passare dal pensare al fare? E io? Io sono nel tuo stesso baratro, io ho voluto vedere, io ho valuto vivere questo, e adesso riuscirò a riemergere, ma a quale prezzo? Io riuscirò mai a fare quel che dico e a dire quel che faccio? Perché mi contraddico anche adesso? Aiutami ancora una volta a capire, a capire me stessa e a  capire il mondo. 
Adesso che so che tu te ne andrai e non ti vedrò mai più ho solo da chiederti questo: dimmi cos'è che ti manca, che ti è sempre mancato, dimmi cosa ti brucia dentro da tutta la vita, dimmi se hai trovato una risposta, una cosa o una persona che capisce il tuo fuoco, che lo domina, che lo condivide o che lo alimenta.


Isabella ha capito. Si siede vicino a Milo, gli prende la mano, lui la lascia fare ma non la guarda, non vuole che veda i suoi occhi gonfi di lacrime.
Isa accarezza quella mano dolce, delicata, ma anche forte. Quella mano sofferente e musicale. Milo respira affannosamente con lo sguardo puntato sul pino di fronte a casa sua e i rami che gli si allungano dentro gli occhi lucidi.
“Qual è la domanda?”
Isa prende fiato, ci pensa su di nuovo.
Era fatta, era finita. Avrebbe parlato e sarebbe davvero finita, sarebbero davvero state le ultime parole che si sarebbero detti.
Per sempre. Mai più. Addio.
Parole definitive che Isa non avrebbe mai pensato di dover usare in senso letterale, per davvero. Per ritardare quel momento, la separazione, Isa si appoggia alla spalla di Milo, si accomoda con la schiena contro la rete di recinzione del campo, gli stringe la mano. Passano i minuti, il respiro di Milo si calma a poco a poco, mentre dai suoi occhi sgocciola amarezza salata, che la piccola mano di Isa asciuga con tenerezza.
Ogni gesto assume un'importanza monumentale, quando è l'ultimo qualcosa, pensa Isa. 
Era ora di parlare, di farla finita con un'agonia che in ogni caso non sarebbero riusciti a elaborare, ad accettare in così poco tempo. Isa volta il viso di Milo con delicatezza verso di lei. Lo bacia per  sentire il suo sapore ancora una volta, con gli occhi serrati per ricacciare dentro le lacrime. Ha un brivido.
Lo guarda.
Pensa a Whitman: "Parlerai prima che me ne vada? Non ti deciderai quando sarà troppo tardi?"
E si decide.
“Cos'è che ti brucia dentro?”

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